martedì 29 settembre 2009

JCVD


JCVD - Francia/Belgio/Lussemburgo 2008, di Mabrouk El Mechri con Jean-Claude Van Damme, François Damiens, Zinedine Soualem, Karim Belkhadra, Jean-François Wolff

Nell'ufficio postale di una cittadina vicino a Bruxelles è in corso una rapina. Un fatto di cronaca che difficilmente meriterebbe la ribalta internazionale, se non fosse che il malvivente che tiene in ostaggio clienti e dipendenti non è altri che Jean-Claude Van Damme, e ovviamente i media si scatenano, orde di fan si presentano davanti al luogo del delitto, e il povero commissario Bruges, assillato dal comandante della squadra speciale che vorrebbe fare irruzione, non sa che pesci pigliare. Ma tutto non è come sembra, Van Damme in realtà non c'entra nulla ed è lui stesso un ostaggio degli scalcinati criminali...
Ecco un perfetto esempio di film che merita due giudizi separati. Perchè, al di là dell'effettivo valore del prodotto (che non è affatto basso, peraltro), chi di noi, ragazzi degli anni 80, non è cresciuto a pane e Van Damme? Certo, crescendo abbiamo capito che è un imbecille, e che come artista marziale non valeva niente, ma come scordarsi Senza esclusione di colpi visto di pomeriggio con gli amici delle medie, o il piacere di pronunciare la mitica frase "sanguini come may-lee", magari dopo aver sconfitto un compagno a Sensible Soccer?
Insomma, qui si entra nel magico mondo dei ricordi, cosa molto pericolosa per chi dovrebbe giudicare un film in modo oggettivo, quindi torniamo sul film, che è senza dubbio piacevole. La vicenda narrata è estremamente semplice e lineare, ma la struttura narrativa non cronologica la rende interessante e coivolgente, e il ritmo si mantiene sempre buono. Incredibile a dirsi, lo spettatore comincia veramente a immedesimarsi e tifare per l'attore belga, vittima degli eventi del suo personale pomeriggio di un giorno da cani, reduce dalla causa per l'affidamento della figlia, costretto a inanellare un flop dietro l'altro per racimolare un po' di contante, prigioniero di un successo che non c'è più. Un'operazione del genere rischia di risultare patetica, ma quando Van Damme comincia a guardare in camera e parla direttamente al suo pubblico con il cuore in mano in un monologo-confessione di sei minuti (riuscendo anche a recitare in modo assolutamente dignitoso), ci rendiamo conto che il gioco metacinematografico è riuscito, e che il mr muscolo di Bruxelles merita i nostri applausi.
Ovviamente il merito della riuscita dell'operazione (il film, presentato al festival di Roma, ha avuto un ottimo successo di critica) non è solo del suo protagonista, ma anche del regista e sceneggiatore Mabrouk El Mechri, che sfrutta abilmente il materiale a disposizione proponendoci un riuscito mix di commedia, suspance e un pizzico di dramma, in particolar modo nel finale dolceamaro. Adeguato il largo uso, quasi documentaristico, della telecamera a spalla, peccato per la scelta di una fotografia praticamente monocromatica, decisamente eccessiva. Ma sono piccolezze; quello che rimane è un film riuscito, e tanto basta.
Doppio giudizio, dicevo: che non sa chi sia Jean-Claude Van Damme, o lo sa ma non gli interessa (che persone tristi), tolga pure una stellina dal mio giudizio. Per quanto mi riguarda, questo è il film che mi ha riconciliato con un vecchio amico.
Nat-su-kao!
IL GIUDIZIO DEL CRITICO ****