giovedì 30 luglio 2009

PIÑATA - L'ISOLA DEL TERRORE


PIÑATA - L'ISOLA DEL TERRORE - Demon island - Survival island - USA 2002, di David & Scott Hillenbrand con Nicholas Brendon, Jaime Pressly, Garrett Wang, Eugene Byrd

Una pignatta assassina.
No, non so se mi sono spiegato bene: UNA PIGNATTA ASSASSINA, una fottutissima stoviglia dotata di braccine e gambine che va in giro ad ammazzare i soliti ragazzotti americani impegnati in un gioco da cerebrolesi.
Può un'idea così luminosa deludere le nostre aspettative? Può non meritare l'onore della singola stelletta che sembra le spetti di diritto senza dubbio alcuno, leggendo la sinossi?
Per nostra disgrazia, può.
La delusione è destinata a crescere man mano che si prosegue nella visione del film: dopo un fantastico prologo in cui ci un narratore particolarmente pomposo ci spiega con enfasi l'origine della pignatta mortale, cominciamo a sprofondare nelle sabbie mobili della noia.
Mi pare evidente che un progetto del genere può emergere dalla massa dei prodotti analoghi solo in un modo: presentando un nemico carismatico e ammazzamenti sufficientemente divertenti e truculenti... e qui ci erano quasi riusciti; la pignattona è parecchio assurda nell'aspetto e soprattutto è ferocissima nell'uccidere le sue vittime ed infierire sui loro cadaveri. Ma gli autori hanno rovinato tutto dotandola di diverse trasformazioni che vengono effettuate - mi è parso di capire - a seconda del livello di incazzatura della "pignatta colma di peccato", quindi eccola tramutarsi nel golem dei Motorhead e in una specie di scorfano volante con le manine, e la cosa non funziona affatto. Il colpo di grazia a questo film viene dato nel finale, in cui l'infernale casseruola viene sconfitta mediante uno stratagemma incomprensibile: sul serio, non si sa come facciano, fatto sta che ad un certo punto la nostra giustiziera di terracotta va in mille pezzi.
Perplesso, mentre scorrevano i titoli di testa, pensavo a come sarebbe stato realizzato questo film negli anni 80... sangue a gogo, effetti speciali scrausi invece della anonima computer graphic da quattro soldi di oggi, un sacco di tette e culi (magari anche un po' di pelo)....bah, quanti passi indietro ha fatto il cinema in questi ultimi 20 anni!
E' grande il rammarico, ma non vale la pena perdere il proprio tempo con questa roba, anche se segnalo la performance di una delle attrici, la bionda stupida, che in un paio di scene in cui dovrebbe essere scioccata e sconvolta riesce a regalarci una performance di incredibile inettitudine roteando gli occhi e muovendosi a scatti in modo esilarante.
Linnea Quigley, dove sei?
IL GIUDIZIO DEL CRITICO **

martedì 14 luglio 2009

Quattro carogne a Malopasso

QUATTRO CAROGNE A MALOPASSO – Italia 1989, di Vito Colomba con Salvatore Cipponeri, Tony Genco, Daniele D’Angelo

Per chi, come me, è cresciuto con i primi mitici programmi della Gialappa's Band, Quattro carogne a Malopasso costituisce una sorta di santo graal trash. Questo capolavoro, opera prima e ultima di quel Vito Colomba indimenticabile maestro di regia ai tempi di Mai dire TV, è stato un tesoro inaccessibile per moltissimi anni. Recentemente, grazie alla grande Rete, un anonimo santo che non smetterò mai di ringraziare (ma mi pare che sia un membro del forum di filmbrutti.com) è riuscito a procurarsene una copia dallo stesso regista, e a condividerla col mondo intiero.

Per chi non lo sapesse, QCAM è un film semi-amatoriale girato per un'emittente privata siciliana. Già dai primi istanti di visione si possono capire molte cose: errori di ortografia nei titoli di testa, e la simpatica dicitura "attrezzature di ripresa con mezzi di fortuna" ci mettono dello stato d'animo giusto per goderci la straordinaria epopea di Bill Nelson, cowboy senza macchia che, tornato nella natia Malopasso dopo dieci anni di lontananza (per la precisione, a Sant'Agata) scopre che il paese è nelle mani di una banda di prepotenti, collusi con le cariche pubbliche, e i pochi funzionari onesti rimasti - come lo sceriffo Sem Hoara (sic) - si barcamenano come possono cercando di non farsi ammazzare.

Vi ricorda qualcosa? In effetti, Colomba utilizza un'ambientazione western per fare una metafora della mafia, e la cosa è evidente soprattutto nell’amarissimo finale.

Mi sembra scontato come sia impossibile utilizzare per questo film lo stesso metro di giudizio che si userebbe per un qualunque prodotto commerciale: qui si tratta di una realizzazione amatoriale, e si vede. In particolare gli attori (oltre a essere tutti di una bruttezza estrema, il protagonista è un ceffo patibolare d’altri tempi) sono alle prese con la recitazione per la prima e immagino unica volta nella loro vita, e recitano le loro battute con l’intonazione di chi legge l’elenco del telefono, oltretutto esprimendosi con pesante accento siciliano.

Il sonoro è qualcosa di indescrivibile, musiche, effetti e dialoghi attaccano e staccano a piacimento con volumi a caso, e spesso senza alcuna attinenza con quello che accade sullo schermo: memorabile una sparatoria in piena prateria commentata da rumori di vetri rotti. La costumista e lo scenografo hanno poi stabilito che qualunque oggetto avesse più di 20 anni fosse sufficientemente vecchio per apparire nel film, quindi ecco a voi macchine da cucire Singer, impianti elettrici sulle pareti, impermeabili in similpelle anni 70, e addirittura nell’ufficio dello sceriffo, gli avvisi da ricercato buffi che si fanno a Gardaland. Insomma, una gioia per gli occhi.

A tutte queste splendide caratteristiche aggiungo che – nonostante i dialoghi siano scritti malissimo, e con malissimo intendo che ignorano le più elementari regole della grammatica e della sintassi – gli elementi narrativi che compongono la vicenda sono messi giù in modo sostanzialmente corretto, e addirittura il buon Vito Colomba ci dimostra che riesce ad imbroccare inquadrature ben composte spesso e volentieri: il tutto risulta poi fotografato in modo assolutamente dignitoso per essere una realizzazione a costo zero (e risalente a 20 anni fa, quando di computer manco a parlarne). Così, tra scontri a fuoco con tanto di pistole e cappelli che saltano come nella migliore tradizione, primi piani alla Sergio Leone, effetti speciali stupefacenti e addirittura un paio di scene ben montate (ma giusto un paio), si arriva al finale che, come ho già detto, è amaro e coraggioso.

Ora che è finalmente disponibile, Quattro carogne a Malopasso è una visione obbligata per chiunque ami il trash, ma l’ingenua passione con cui è stato realizzato non consentono che si possa riderne con cattiveria. Honi soit qui mal y pense.
IL GIUDIZIO DEL CRITICO *

sabato 11 luglio 2009

The Pool

THE POOL - Swimming pool - Germania 2001, di Boris von Sychowski con Kristen Miller, Elena Uhlig, Thorsten Grasshoff, John Hopkins, Isla Fisher

Chi, abitando a Praga, patria della pilsner, ignorerebbe le innumerevoli e deliziose birre locali per scolarsi sempre e solo della triste, insignificante Heineken (oltretutto, il più delle volte in lattina)? Forse solo dei ragazzini yankee deficienti, in pratica il genere di persone che ci si aspetterebbe di vedere morire uno dopo l'altro in uno slasher movie da quattro soldi come questo. Premettendo che la presenza ossessiva del marchio Heineken in praticamente ogni fotogramma del film è la cosa probabilmente più divertente di questa produzione, mi sembra chiaro quanto sia inutile spendere troppe parole per questo ennesimo clone di Scream.
I personaggi sono talmente insignificanti che non si riesce nemmeno a odiarli a sufficienza (l'unico un po' simpatico, il poliziotto panzone, muore subito senza aver fatto assolutamente niente), le scene splatter sono quasi inesistenti, e dopo l'apparizione fugace di un paio di tette siamo messi male anche su quel fronte. L'assassino ha l'interessante dono dell'ubiquità ma per il resto è un cretino, e le sue motivazioni sono risibili. Il tutto si svolge nella maniera più banale e prevedibile che si possa immaginare e naufraga in un oceano di noia.
Ovviamente ai ragazzini pare sia piaciuto dato che è stato prodotto pure un seguito. Un ottimo argomento in mano ai sostenitori dell'eugenetica.
IL GIUDIZIO DEL CRITICO **

domenica 5 luglio 2009

Lethal Alligator

LETHAL ALLIGATOR - Supercroc - USA 2007, di Scott Harper con Kim Little, Matthew Blashaw

Se esistessero delle gare sullo stile di quelle canine, in cui gli amanti dei film brutti presentano orgogliosamente i propri campioni di stupidità, scovati nei cestoni dei centri commerciali o dopo lunghe ricerche sulla rete, credo che Lethal Alligator avrebbe ottime possibilità di ottenere qualche premio.
E' un film della Asylum, il che è già un bel biglietto da visita. Per chi non lo sapesse, la Asylum è una casa di produzione specializzata nel realizzare squallidi cloni a basso costo di film famosi e farli uscire in genere poco prima dell'originale in modo da gabbare qualche gonzo; in questo caso poi lo squallore raggiunge livelli ancora maggiori, dato che le fonti d'ispirazione per questo gioiellino sono un paio di film a base di coccodrilli che non sto neanche a nominare, data la loro pochezza.
Clone squallido di film già insulsi, dunque: ottima premessa.
Dopo gli ottimi titoli di testa, 7-8 minuti in cui vediamo dei soldati parlare dei fatti loro mentre camminano in un boschetto senza che ci sia dato di sapere il perchè mentre scorrono i nomi di chiunque abbia partecipato anche in maniera minima alla realizzazione della pellicola, compresi addetti al catering, autisti e sarte, il coccodrillone fa la sua comparsa mangiando un paio di persone. Evidentemente ne gradisce il sapore, perchè decide di uscire dall'acqua e sterminare la razza umana: nel frattempo i sopravvissuti girano senza una meta per il bosco (a pochi chilometri da Los Angeles, mica nel mezzo dell'Amazzonia). Per fortuna possono contare sul sollecito supporto dello staff del Generale che, da una stanzetta 4 metri per 3 attrezzata con un paio di computer, coordina tutte le operazioni in modo mirabile. Dopo aver mandato un elicottero a recuperare i dispersi, e dopo che l'elicottero è stato mangiato al volo dal coccodrillo, i poveri soldatini, che poi sarebbero gli eroi della situazione, vengono dimenticati, e si tenta in ogni modo di fermare il rettilone, ad esempio tirandogli dei missili che ovviamente non gli fanno neanche il solletico: la dottoressa Parrot ci spiega che la bestia è assolutamente invulnerabile. Nel frattempo, quattro cialtroni su un Ducato bianco rubano le uova del coccodrillo....
Ma ho perso fin troppo tempo a descrivere l'inutile e stupidissima trama, in realtà il bello di questo film è la qualità infima per cui si distingue in ogni suo aspetto. Per prima cosa, il coccodrillo in CG è ovviamente fatto malissimo,e il riciclo (cambiando i fondali: tra l'altro non ho mai visto un compositing così miserabile) delle poche animazioni realizzate è esageratamente spudorato: ma non è la cosa peggiore del film. i nostri occhi increduli possono assistere a mitra giocattolo spacciati per veri che sparano con un tristissimo effetto fiammata fatto in postproduzione (e dovreste sentire l'effetto sonoro delle detonazioni!). Quando entrano in scena i mezzi militari, veniamo deliziati da immagini di repertorio prese qua e là (con tanto di aerei che cambiano modello da un'inquadratura all'altra) a cui vengono applicati dei pietosi filtri per cercare di uniformare i filmati alla fotografia giallastra del resto del film. Chicca delle chicche, possiamo scompisciarci in una scena della durata di alcuni minuti in cui probabilmente il regista e il direttore della fotografia erano andati a pranzo, e quindi via con le teste dei personaggi tagliate a metà, le inquadrature in cui non è inquadrato NIENTE, o in cui è tutto fuori fuoco...un delirio che consegna definitivamente quest'opera agli annali dei film orrendi.
IL GIUDIZIO DEL CRITICO *

giovedì 2 luglio 2009

Transformers - La vendetta del caduto

TRANSFORMERS - LA VENDETTA DEL CADUTO - USA 2009, di Michael Bay con Shia Leboeuf, Megan Fox, John Turturro

Il primo Transformers era riuscito a metà.
Soffriva di una parte centrale un po' insulsa, e soprattutto di fastidiose cadute di tono, con i robottoni che giocavano a nascondino nel giardino e dicevano "bella raga". Però si faceva perdonare con scene d'azione fantastiche, per le quali gli applausi agli straordinari professionisti della Industrial Light & Magic non saranno mai abbastanza.
Un sequel, si sa, deve essere "di più" rispetto all'originale se non vuole risultare deludente: inoltre non si è costretti a perdere tempo per presentare i personaggi e l'ambientazione: se si è abili, il secondo film di una serie può venire meglio del predecessore, prima che la motivazione cali con un terzo capitolo che in genere è una schifezza; gli esempi recenti non mancano, come la serie di Spiderman o il Batman di Christopher Nolan (chissà se mi vorrà smentire con un terzo capitolo ancora migliore del secondo, io sono qui che aspetto!).
Il simpatico Michael Bay - anche se sono certo che ci abbia messo pesantemente lo zampino il produttore Steven Spielberg che si è ufficialmente bevuto il cervello già da qualche anno - ha preso questa regola in parola realizzando un kolossal che è a tutti gli effetti "di più" rispetto al precedente. Purtroppo per noi, non ha pensato di fare un'analisi di cosa funzionava e cosa no, quindi ci ritroviamo con una serie di scene fantastiche di robottoni, mazzate, esplosioni, tramonti, elicotteri e casini vari: gli effetti speciali sono incredibili, il talento di Bay nel riprendere questo genere di cose è indiscutibile, e il tutto è una vera gioia per gli occhi e le orecchie. Peccato che dobbiamo sorbirci anche una quantità veramente eccessiva di siparietti "comici" insopportabili.
Ora, dato il successo del primo capitolo e con le spalle parate dal lavoro della ILM nelle scene d'azione, gli omini della Dreamworks avrebbero potuto riempire il resto del film con Bumblebee seduto su uno sgabello impegnato a recitare tutti i "generò" del Vangelo di Matteo e avrebbero ottenuto ugualmente un grande incasso, cosa che infatti sta puntualmente avvenendo. Ma perchè non provarci, a fare un film accettabile anche per i non cerebrolesi? Mi sorge il dubbio di essere io, quello che non capisce, dato che il pubblico in sala se la rideva beatamente.
Rideva vedendo i robot piangere, sbavare e scoreggiare.
Rideva quando la madre del protagonista, dopo aver senza alcuna ragione logica mangiato dei dolcetti alla marjiuhana, dà fuori di matto manco si trattasse di un chilo di LSD in una scena lunghissima, inutile e stupida come me ne ricordo poche.
Rideva per i cagnetti piccoli e buffi che si inculano, per il robottino che si vuole fottere la gamba di Megan Fox (lo posso capire, del resto), per il robot vecchio col bastone (per dio!).
E poi ci sono i due robot gemelli imbecilli che parlano come due rappettari e hanno il dente d'oro, e la scena col nanetto assolutamente inutile, messa lì solo per far dire al pubblico "guarda, c'è quello che faceva l'umpa lumpa!"....E potrei continuare a lungo.
L'impressione è che Michael Bay sia arrivato a metà delle riprese e poi abbia dato il cambio a Neri Parenti. In effetti bastava far doppiare i gemelli ai fichi d'india, Optimus a De Sica, Bumblebee al Cipolla e avevamo già pronto Natale a Cybertron, il nuovo cinepanettone con 200 milioni di dollari di budget. E non mi interessa se il pubblico affolla le sale anche per vedere i cinepanettoni, io mi rifiuto di pensare che sono io quello che non capisce una mazza.
No, mannaggia tutti i santi apostoli, NO. Innanzitutto gli umpa lumpa veri erano arancioni e coi capelli verdi, ma soprattutto questo film è una merda. Ah, ed è INTERMINABILE.
Ammetto che quando i robot si picchiano è una goduria, ma era meglio aspettare il DVD per poter vedere solo le scene coi botti saltando tutto il resto...
IL GIUDIZIO DEL CRITICO **