lunedì 31 agosto 2009

Diary of the Dead

DIARY OF THE DEAD - USA 2008, di George A. Romero con Michelle Morgan, Joshua Close, Shawn Roberts, Amy Lalonde, Joe Dinicol

C'è chi sostiene che George Romero ha in pratica azzeccato i suoi primi splendidi zombie movies per caso, e poi è vissuto di rendita realizzando film che vanno dal passabile al brutto con l'andare degli anni.
C'è chi sostiene che il ritorno agli zombie avvenuto nel 2005 con Land of the Dead faccia schifo, un film che fallisce sia dal lato action/horror, che da quello del messaggio politico-sociale, da sempre marchio di fabbrica del cineasta di Pittsburgh: troppo urlato, banale.
Inevitabilmente lo stesso genere di critiche si è abbattuto anche su quest'ultimo episodio della saga dei morti viventi; ormai il cinema di genere si è evoluto, gli zombie corrono come centometristi, metafore troppo facili, Danny Boyle di qua, Zack Snyder di là, eccetera.
Ma neanche per idea. D'accordo, 28 giorni dopo è un gran bel film, ma non scherziamo con il maestro. Land of the Dead è secondo me un film godibilissimo, piacevolmente old fashioned, con uno stile un po' alla Carpenter, che nonostante i suoi difetti (ne ha, senz'altro) fa egregiamente il suo lavoro e diverte.
Questo Diary significa una sorta di ritorno alle origini: Romero ha dovuto arrabattarsi e fare un film a basso costo, in digitale, con attori sconosciuti (e per ottime ragioni: diciamo che il cast non è proprio l'aspetto migliore della produzione), ma grazie a questi motivi, è un film onesto.
Si vede che George questa volta non era legato a major e produttori assillanti, e il risultato è molto buono. L'aspetto da mockumentary è sicuramente un'idea non nuova, ma l'argomento viene trattato attraverso le lenti degli occhialoni del regista, in modo personale. La sua visione è lì, sullo schermo, adattata alle nuove tecnologie, ma in realtà la stessa da quarant'anni, e il messaggio non può che adattarvisi nella forma. Il dito accusatore di Romero viene puntato contro i media e le loro responsabilità nell'occultamento della verità: (e noi italiani ne sappiamo qualcosa ultimamente...) esemplare il cameo del regista nei panni del capo della polizia, intento ad insabbiare gli eventi...
Non siamo di fronte, ahimè, ad un capolavoro: il film è imperfetto, il finale è affrettato e in alcuni passaggi gira un po' a vuoto: ma qua e là fanno capolino scene degne del loro artefice, e chi ha visto il film non potrà non ricordarsi per sempre Samuel, l'Amish sordomuto, protagonista di un paio di sequesnze memorabili. Per quanto mi riguarda, sono cose che valgono cento volte la valanga di film sugli zombie che stanno uscendo negli ultimi anni, tutti uguali, tutti dimenticabili (con qualche eccezione, naturalmente).
Per quanto mi riguarda, Diary of the Dead è un'opera nel complesso validissima, e chi dice che Romero ha fatto la fine di Dario Argento non capisce niente di cinema.
IL GIUDIZIO DEL CRITICO ****
PS - Dato che nessuno si è degnato di distribuire il film in Italia, la versione visionata è in inglese con sottotitoli. Il che è molto meglio, data la natura da finta presa diretta del film, che sarebbe stato senz'altro rovinato dal doppiaggio.

giovedì 27 agosto 2009

Asylum

ASYLUM – USA 2008, di David R. Ellis con Sarah Roemer, Travis Van Winkle, Mark Rolston, Andrea Powell, Aaron Blomberg

Pare che i cimiteri indiani non siano più a buon mercato come una volta. Per fortuna esistono ancora moltissimi ex-ospedali psichiatrici diretti da un dottore pazzo e sadico, ristrutturabili a basso prezzo, per poterci costruire sopra chessò, un bel campus universitario, con tanto di tavolo professionale da texas hold'em, tv al plasma e palestra (dotata di vetri anti sfondamento, chissà perchè). sarà forse un caso che in questo campus nessuno va mai a lezione? Tutto sommato le matricole, appena giunte nell'università, fanno bene a divertirsi finchè possono, dato che il fantasma (molto corporeo a dire il vero) del direttore del manicomio giungerà molto presto da loro, animato da buoni propositi: aiutarli a risolvere i propri problemi personali, ma un po' brusco nel metterli in pratica, ovvero grazie a due punteruoli da lobotomia che vanno in genere infilati negli occhi. A scatenare la sindrome da crocerossina del simpatico fantasma è una curiosa coincidenza: i nuovi studenti presentano una varietà di disturbi della personalità notevolissima: si va dalla protagonista che ha visto suicidarsi il padre e il fratello, all'ex-obeso ora palestrato, al nerd genio ma tormentato, poi abbiamo una che aveva il fidanzato violento, un ex-tossicodipendente, un'altra ragazza autolesionista....insomma, pane per i denti del dottor Burke, che si mette subito al lavoro di buona lena per “curarli”…

Ecco, io a un film così non so proprio che giudizio dare. Perché tecnicamente vale due stelle, realizzato in modo sufficientemente professionale da non essere un abominio, ma si attesta comunque su livelli molto bassi; (una particolare nota di demerito per il direttore della fotografia, che decide di illuminare con uno splendido neon giallino tutte le scene in cui appare il sanguinario psichiatra) la banalità della trama, dei personaggi e dei loro rapporti è estrema. Però bisogna anche ammettere che nel complesso è abbastanza divertente, il villain è azzeccatissimo (memorabile la scena in cui si strappa il camice mostrandoci un fisico un po’ appesantito ma ancora tonico per essere morto da decenni, con tanto di piercing, catene sadomaso e capezzoli turgidi) e gli scannamenti piuttosto gustosi. Inoltre sono non si sa come riusciti ad azzeccare un paio di dialoghi, su tutti l’ex-ciccione alle prese con la visione dell’odiata madre. Per finire, c’è pure una scena in cui l’antipatica protagonista ci mostra le tettine e le chiappette.

Insomma, è una stupidata, ma non annoia e diverte abbastanza. Per una serata d’estate senza impegno, si può guardare: non me la sento di stroncarlo.

IL GIUDIZIO DEL CRITICO ***



domenica 9 agosto 2009

Kolobos - Trappola infernale


KOLOBOS - TRAPPOLA INFERNALE
- Kolobos - USA 1999, di Daniel Liatowitsch e David Todd Ocvirk con Amy Weber, Donny Terranova, Ilia Volokh, John Fairlie, Linnea Quigley

Quando si dicono i casi della vita: l'ultima volta ho chiuso invocando Linnea Quigley ed eccola spuntare a sorprea qui, in questo ennesimo slasher movie. Un po' diversa da come la ricordavo, cioè giovane e nuda in svariati film degli anni 80, ma del resto gli anni passano per tutti.
E infatti, sarà un caso (oltretutto la sua parte è davvero piccolina) ma questo film si è rivelato migliore di quello che credevo nella mia ricerca di trashate da una stelletta.
Naturalmente non possiamo aspettarci niente di nuovo sotto il sole, se non l'ennesima rivisitazione del tema gruppo di ragazzi chiusi per qualche motivo in una casa dove qualcuno si diverte a scannarli. Con una simile premessa, il punto focale che determina la riuscita o meno della pellicola non diventa più il cosa, ma il come. Quasi tutti i prodotti di questo tipo falliscono miseramente proprio su questo aspetto, presentando una messa in scena magari anche professionale, ma mancando completamente di qualunque anche piccolo guizzo di inventiva.
In Kolobos qualcuno di questi guizzi c'è. Parliamoci chiaro, niente di sconvolgente: la trama è quella che è, e c'è qualche difficoltà a capire il finale (interessante esempio: è telefonato dalla prima scena, però poi viene lasciato molto in sospeso). Però il lavoro sui personaggi e i dialoghi è quasi accettabile, e i vari ammazzamenti sono ben congegnati e abbastanza divertenti: addirittura uno fa pure impressione, il che è senza dubbio un bel successo.
Pare inoltre che la personalità borderline della protagonista sia stata rappresentata sullo schermo in modo plausibile, cosa che ha suscitato il plauso del mio amico psicologo.
Quindi sarà il caldo che mi da alla testa, ma la sufficienza a questo Kolobos io la voglio dare. Non aspettatevi Kubrick, ma si può vedere.
IL GIUDIZIO DEL CRITICO ***