sabato 14 maggio 2011

IL SOTTILE FASCINO DEL PECCATO


IL SOTTILE FASCINO DEL PECCATO – Italia 2011, di Franco Salvia con Michela Miconi, Carmen Trigiante, Danny Quinn, Nino Castelnuovo

Trenta o quaranta anni fa, se in Italia a qualcuno veniva l'idea di girare un film di genere, e nello specifico un thriller con venature paranormali/sataniche, il risultato erano prodotti come L'anticristo di Alberto De Martino o Non si sevizia un paperino di Lucio Fulci, giusto per fare due esempi piuttosto noti. Film, attenzione, girati con pochi soldi, ma con professionalità, arte di arrangiarsi, e idee. Non arriverò a dire che avevano delle sceneggiature perfette, ma funzionavano, perchè i registi sapevano come utilizzare il linguaggio cinematografico per costruire la tensione, perchè i direttori della fotografia sapevano come inquadrare e illuminare le scene; (e non è una cosa per cui sono necessari chissà quali fondi: Kubrick ha dimostrato che si può girare un capolavoro anche solo con la luce naturale...) perchè chi faceva il montaggio aveva sentito dire che il modo in cui una storia viene raccontata sullo schermo dipende da come il girato viene montato, che in effetti il cinema è montaggio.

Oggi, nel 2011, si producono cose come l'ineffabile Notizie degli scavi, incredibile perla di umorismo involontario che in effetti meriterebbe una recensione tutta sua, e questo Il sottile fascino del peccato, un film che comincia allegramente a fare schifo a partire dalla locandina.

Guardatela: il mio glorioso Amiga 600 con Deluxe Paint 4 si sarebbe vergognato di partorire una simile immagine, che peraltro è stata il principale motivo per cui ho deciso di vedere questo “thriller esoterico” come lo definisce il regista: non sono stato deluso.

Le risate iniziano da subito: il livello della recitazione è talmente basso da risultare esilarante, in particolare la protagonista si esibisce in una serie di smorfiette e movimenti scattosi per rappresentare gli stati d'animo del suo personaggio, chiaramente modellato su quello di Sharon Stone in Basic Instinct, ma interpretato da un cesso (dotato però di un'invidiabile collezione di completini intimi provocanti).

Una volta abituati alla pazzesca qualità delle riprese, in alcuni casi palesemente effettuate con un telefonino, in altre è stata clamorosamente cannata l'esposizione, viene calata la maschera: l'intero film è in realtà un gigantesco spot pubblicitario per la città di Alberobello.

Ne Il sottile fascino del peccato, TUTTI i personaggi vivono o lavorano all'interno di un trullo. La stazione di polizia è ubicata all'interno di un trullo. I negozi, i ristoranti? Trulli. Peccato che non ci siano scene ambientate in uno stadio o in un aeroporto, perchè non dubito che sarebbero stati a forma di trullo. Le insegne dei bar e dei ristoranti di Alberobello vengono continuamente e lungamente inquadrate: anzi, i migliori bar e ristoranti, ci spiega il fratello di Michele Placido dopo una lauta cena presumibilmente offerta dalla Pro Loco. I messaggi pubblicitari spudorati proseguono con uno dei migliori product placement che mi sia mai capitato di vedere: nonostante il film sia stato con tutta evidenza girato in estate, e le comparse girino tranquillamente in calzoni corti e maniche di camicia, in OGNI stanza c'è un camino acceso, e la diavolina per accendere il fuoco viene strategicamente inquadrata OGNI volta.

Dato che la storia narra di pericolosissime sette sataniche (con tanto di adepti incappucciati in processione con torce da giardino da 75 centesimi al Brico in dotazione, e riti orgiastici presi di peso da La croce dalla 7 pietre) un annuncio si premura di avvertire il potenziale pubblico che comunque in realtà ad Alberobello non è che sia tutto un fiorire di figli di Satana, quindi, turisti, venite pure tranquilli.

Il tempo di vedere il vecchio prete travestirsi da Max Von Sydow nell'Esorcista e godersi una prestestuosissima esibizione di taranta o qualche altro simile ballo folkloristico pugliese, e il film con qualche incredibile colpo di scena, finisce, lasciando in noi una fortissima voglia di andare in vacanza.

Alle Maldive, o in Thailandia.

IL GIUDIZIO DEL CRITICO *

giovedì 3 marzo 2011

Ladri di cadaveri

LADRI DI CADAVERIBurke & Hare – GB 2010, di John Landis con Simon Pegg, Andy Serkis, Isla Fisher, Tom Wilkinson, Tim Curry, Jessica Hynes, Ronnie Corbett

John Landis non è più quello di una volta, e questo ormai si sa. Però la speranza che possa ancora tirare fuori dal cappello non dico un capolavoro, ma un onesto prodotto di intrattenimento, c'è.

Ladri di cadaveri, ritorno di Landis alla regia cinematografica dopo l'inguardabile Blues Brothers 2000 e liberamente ispirato a una storia vera, partiva con delle premesse che personalmente ritenevo degne di nota, a partire dal cast molto interessante, composto da Simon Pegg e Andy Serkis, Tom Wilkinson e una deliziosa (anche se dalle doti recitative non certo sconvolgenti) Isla Fisher. E poi Tim Curry, e camei di Christopher Lee, Jenny Agutter, Ray Harryhausen... Un bel gruppo di attori alle prese con una commedia nera ambientata nell'Edimburgo del 1828.

I protagonisti, Burke e Hare, sono due amici che per sbarcare il lunario iniziano un fruttuoso commercio di cadaveri ad uso della prestigiosa Facoltà di medicina e del suo ambizioso rettore: ovviamente ben presto i due capiranno che è conveniente e talvolta necessario dare un aiutino ai cadaveri a divenire tali...

Sorvolando sui ricordi che questo film ha riportato a galla nella mia mente, quando il mio nano a Martelli da guerra esercitava la stessa onorevole professione dei due compari del film, devo dire che quest'ultimo lavoro di Landis mi ha un poco sorpreso: da un lato, considerato il budget non elevato a disposizione della produzione, ho potuto apprezzare delle ottime scenografie e una fotografia che riesce a sembrare sempre concreta e reale nonostante l'inevitabile uso di qualche effetto digitale per far tornare indietro di un paio di secoli la città di Edimburgo.

Dall'altro lato, un ultimo atto in cui il tono del film, finale compreso, si fa più serio, forse troppo. In mezzo a questi aspetti, c'è un prodotto cinematografico che veramente si può definire “medio”: abbastanza divertente ma senza esagerare, con una durata adeguata per il suo genere (i canonici 90 minuti) e che si fa guardare fino alla fine senza annoiare. Certo, non è Un lupo mannaro americano a Londra; ma sono un uomo che si sa accontentare.

IL GIUDIZIO DEL CRITICO ***

lunedì 24 gennaio 2011

Alien vs Predator 2

ALIEN VS PREDATOR 2Alien vs Predator: Requiem – USA 2007, di Greg e Colin Strause con Reiko Aylesworth, Steven Pasquale, John Ortiz, Johnny Lewis, David


Ho rimandato la visione di questo film per anni. Facevo benissimo.

Il primo Alien era (ed è) un indiscutibile capolavoro. Il secondo prendeva saggiamente direzioni narrative e stilistiche opposte, ed è anch'esso un indiscutibile capolavoro. Il terzo ha avuto una gestazione lunga e complicata, e rimase scottato dal confronto con due predecessori così ingombranti, ma nonostante tutto è un film ricco di spunti affascinanti e di grande raffinatezza estetica. Il quarto è un'irritante pagliacciata, perenne monito di come a Joss Whedon andrebbero amputate le mani prima che possa scrivere qualunque altra cosa, fosse anche la lista della spesa, e che un regista francese non dovrebbe MAI dirigere un film ad alto budget. Ma comunque, un prodotto con le sue ambizioni.

Dall'altra parte abbiamo Predator - action movie di tutto rispetto in cui Schwartzenegger è alle prese con un alieno incredibilmente più grosso e più forzuto di lui - e suo seguito, ingiustamente dimenticato e sottovalutato, ma solidissimo thriller fantascientifico, violento, dal ritmo serrato, e con un granitico Danny Glover.

Ora, io mi chiedo, e non è una domanda retorica, COME sia possibile, avendo stabilito di unire le due serie producendo nuove pellicole senza grosse pretese a base di azione, mostri ed effetti speciali, realizzare qualcosa di inguardabile. Gli elementi di partenza sono tali che basterebbe uno script di due righe seguito da un'ora di mostri che si prendono a pizze in faccia per avere tanti spettatori soddisfatti. I numerosi videogiochi ce la facevano, spaziando dal fichissimo (il gioco da sala e quello per PC del '99) al gradevole (quello più recente). Il primo AVP bene o male ce la faceva: certo, la presenza di Raoul Bova era estraniante, ma il film si lasciava guardare.

AVP2 è inqualificabile. Si potrebbe chiudere un occhio sulla sceneggiatura completamente senza senso, o sui personaggi privi di qualunque attrattiva sullo spettatore , se almeno le sequenze action fossero di qualità. E forse lo sarebbero pure, se ci fosse concessa la grazia di vederle, queste sequenze.

Per qualche imperscrutabile motivo la fotografia è talmente scura che per il 90% della durata del film è impossibile capire cosa sta accadendo nel buio, e Alien vs Predator 2 diventa di fatto il più costoso dramma radiofonico mai realizzato.

Il suo unico pregio (oltre alla durata, fortunatamente inferiore all'ora e mezza) è quello di introdurre un nuovo mostro – il Predalien – un tantino più interessante del patetico Newborn di Alien: la clonazione, ma è decisamente troppo poco per salvare il film dalla catastrofe.

IL GIUDIZIO DEL CRITICO **