lunedì 26 ottobre 2009

2035: The Mind Jumper

2035: THE MIND JUMPER - USA/Bulgaria 2007, di Terence H. Winkless con Maxwell Caulfield, Alexis Thorpe, Todd Jensen, Stefan Ivanov, Mike McCoy

A una persona che decide di far iniziare il proprio film con la scritta NIGHTMARE CITY - 2035 facendola seguire da una panoramica della città tipo blade runner (ovviamente però la città è fatta malissimo), io non posso che fare tanto di cappello.
Sì, perchè se tu, regista, pensi che un incipit del genere possa essere in qualche modo a effetto, e non predisponga invece il pubblico a ridere ancora di più di te e di quella miserabile pagliacciata che è il tuo film, allora significa che sei un po' fuori dal tempo, che forse ci credevi, in quello che facevi; in questo caso non posso non volerti un po' di bene.
Ora, giusto per darvi un po' di coordinate per capire di cosa si tratta, siamo a metà tra Matrix e Essi Vivono: nel futuro, il governo ha impiantato dei chip nelle teste delle persone che gli fanno vedere la città tutta bella e luccicante mentre è tutta diroccata e si mangiano i panini coi vermi senza saperlo. (una delle scene più belle del film: il panino sembra disgustoso anche nella versione "col chip" cioè senza vermi) Ovviamente dei coraggiosi ribelli capitanati da una tizia che è stata il primo esperimento della suddetta tecnologia ed è perciò praticamente onnipotente, riescono a portare dalla loro parte un poliziotto, il Bruce Willis dei poveracci, e danno l'assalto al regime crudele e oppressivo.
Le armi del futuro sono micidiali: le pistole sono uguali a quelle di adesso, solo che sparano dei raggi che fanno molto meno danno dei proiettili, ma mantengono il gusto retrò del suono dell'otturatore che sbatte a vuoto quando si scaricano. Le automobili - quando non sono delle Skoda vecchie già oggi - sono talmente avanzate che cambiano forma da un'inquadratura all'altra e restano illuminate nello stesso modo anche quando passano sotto l'ombra (qualcuno mi ha suggerito che sia la CG scadente a causare questo effetto, ma sono persone aride e senza fantasia). E così, tra botte e sparatorie, si giunge ad un incredibile finale con tanto di folla oceanica composta da una ventina di comparse platealmente moltiplicate al computer, ma credo sia un effetto voluto per intendere che sono uguali perchè la società le ha rese così, e poi da circa metà film in poi una curiosa patina gialla comincia ad avvolgere tutte le inquadrature, e...
Vabbè, insomma, avete capito. E' ovvio che la sceneggiatura non ci prova neanche a cercare di salvare il salvabile, dato che sembra scritta da un ragazzino di 12 anni.
In effetti, tutto il film sembra realizzato da un bambino di 12 anni, che quando deve inventarsi il nome del tizio che appare sui maxischermi a fare lo spot del microchip (che però è obbligatorio) non riesce a trovare di meglio che chiamarlo signor Speaker. Il tutto con la differenza che quando il dodicenne cresce in genere i suoi puerili tentativi di scrivere un libro o disegnare un fumetto preferisce tenerli in un cassetto, e ogni tanto riguardarli provando una dolce nostalgia per l'innocenza perduta...Pare che invece qualcuno abbia il coraggio di considerarli ancora validi e farci sopra un film. Tanto meglio per lui, e per noi che ci possiamo divertire alle sue spalle.
IL GIUDIZIO DEL CRITICO *

PS - Questo capolavoro si trova facilmente in italiano, malgrado ciò questa è la prima e unica recensione che troverete sulla rete, fatta eccezione per alcuni deliri che ho trovato su blog di complottisti fanatici che credono che il film riveli grandi verità. Mi scuso inoltre per la locandina tagliata, ma è l'unica immagine che ho trovato con una risoluzione accettabile...

martedì 20 ottobre 2009

Orphan

ORPHAN – USA/Canada 2009, di Jaume Collet-Serra con Vera Farmiga, Peter Sarsgaard, Isabelle Fuhrman, CCH Pounder


Io certe cose non le capisco.

Figuratevi la situazione. Voi e vostra moglie siete estremamente benestanti, casa vostra sembra progettata da Frank Lloyd Wright; avete due figli di cui una quasi completamente sorda dalla nascita. Vostra moglie, che ha un passato da alcolista e stava per far affogare la bambina sorda nel laghetto perché ubriaca, ha perso la terza figlia in circostanze drammatiche, e ora non può più avere bambini. Dopo anni di terapia, sembra che il trauma si avvii ad essere superato, nonostante la drammatica incompetenza della sua psicanalista.

Con queste premesse, perché, PERCHE’ in nome del cielo vorreste rovinarvi la vita adottando un’altra bambina, per di più già grandicella? Vi meritereste di portarvi a casa una creatura demoniaca e con tendenze omicide o, ancora peggio, una emo che vi riempie la casa di poster dei Tokyo Hotel. Fortunatamente in questo film si tratta del primo caso, altrimenti non so se sarei riuscito a reggerne la visione.

Come nella miglior tradizione dei bambini diabolici, la protagonista di Orphan, Esther, sembra una ragazzina perfetta: educata, intelligente e premurosa, almeno finchè non comincia a spingere gente sotto le macchine o spaccare la testa delle suore con una piccozza. Ovviamente l’unica persona a rendersi conto di tutto questo è la madre, che, ancor più ovviamente dati i suoi trascorsi, verrà fatta passare per una povera pazza, mentre il padre riuscirà a non capire nulla per tutto il film… Il che è particolarmente grave, perché lo spettatore invece ha già capito tutto da un pezzo. La magagna principale di Orphan, infatti, prodotto altrimenti di una certa qualità, è la sua eccessiva prevedibilità. Si capisce facilmente dove la vicenda vuole andare a parare, e le due scene madri del film sono telefonatissime da almeno un’ora prima che avvengano.

Peccato, perché la tensione che bene o male si viene a creare per tutta la prima metà del film non trova una conclusione all’altezza. Quello che rimane è comunque adatto a una serata senza impegno.

IL GIUDIZIO DEL CRITICO***